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2017, siamo tutti partigiani o anche un po’ fascisti?

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Stendiamo subito un velo sulla impresentabile speculazione subpolitica di Palazzo, un Palazzo già di suo per lo più impresentabile, a proposito di ieri, della Festa della Liberazione, dell’Anpi, di ebrei e palestinesi ecc. ecc.

Segnatamente perché non è una ricorrenza di Palazzo, ma di Piazza, e da sempre. Anzi, per mia avventura diretta e indiretta di figlio del dopoguerra, è un’esperienza di impatti a volte per nulla cercati, di case e bar improvvisi, di parenti reincontrati, di memorie dolorose e fluorescenti, di amori e passioni, rigirate di Piazza e di luoghi, insomma, di un’Italia che non c’è più e che simuliamo ci sia ancora, tra gli stracci stesi di “Una giornata particolare” sulle terrazze di edifici molto più ospitali e civili di quelli dei nostri palazzinari odierni.

Ma di che parlano costoro tra di loro, quando non sono bardati manifestando, se non della loro memoria storica svanente? Dei loro nonni e dei loro padri che già non ci sono più per un’anagrafe impietosa ? Sì, c’è un’autostrada in mezzo a loro che li guida, quella di essere stati più di settant’anni fa dalla parte giusta, fatta diventare tale dopo profluvie dalla parte sbagliata rimossa o quasi sulle montagne, mentre i morti impazzavano comunque.

Ma ora? È davvero impossibile parlare di memoria condivisa anche solo parzialmente, per millennials che smartphoneggiano, se ne fregano, ignorano, non capiscono, sentono parlare di guerre puniche cui il corpo docente sembra più affezionato? Qui non si vuol tirare giù l’albero con tutta la foresta tricolore, rischiando una tabula rasa al passato raschiata su un palinsesto presente in cui nessuno sa dirci perché una Maionchi farebbe peggio di una Boldrini, per dire…

Qui è il presente che conta, i comportamenti simili, i disvalori eguali, altro che l’autostrada partigiana, magari sponsorizzata da Benetton… Quanto coraggio o incoscienza ci vuole per dirci che se non siamo letteralmente, nel profondo del nostro tessuto antropoculturale, un Paese fascista oggi è per uno scherzo della storia, che non saremo oggi “in fasci” ma certo “in fascie”, un Paese bambino e vecchissimo non più in grado di produrre idee, politica, economia ma solo finanza cialtrona e tanta, tanta giustizia peripatetica? Il denaro divide destra e sinistra? Ma dove, ma quando? La politica, chiamiamola così per bontà, stigmatizza Renzi piuttosto che Verdini o Berlusconi?

E poi arriva il 25 Aprile e comincia questa meravigliosa simulazione collettiva, o quasi, tanto per ricordarci di essere nati anche grazie a chi ha reagito. Ma non sarebbe il caso di rinascere adesso prima di sprofondare del tutto? Sì, vabbè, siamo un po’ tutti partigiani ma non saremo anche tutti un po’ fascisti ben al di là della dicitura, l’orbace, il saluto romano e altre pinzillacchere?

Se il fascismo era, è il contrario della democrazia, ditemi dove quotidianamente ne trovo un po’, tanto per riconsolarmi e non pensare che si sia rimasti sotto la spadaccia di Damocle.

Forse un bell’esame di coscienza, che sia il 24 o il 26 aprile, ci permetterebbe di scoperchiare il pentolone e vedere chiaramente che cosa siamo diventati. Dei fascisti tendenziali travestiti da partigiani. Una grandissima riuscita, non c è che dire, e poi abbiamo sempre l’ultima parola su Trump e il resto. Chi sa dirmi un periodo peggiore per la storia d’Italia?

Oliviero Beha, Il Fatto Quotidiano


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